Thursday Doc: Il maledetto Draft del 1986

Vicende che già prese singolarmente entrerebbero immediatamente nella sezione storie tragiche, entriamo oggi nel drammatico draft del 1986.

Scritto da Doc. Abbati  | 

NBA-Evolution

Vicende che già prese singolarmente entrerebbero immediatamente nella sezione storie tragiche, entriamo oggi nel drammatico draft del 1986.

THURSDAY DOC

Il Maledetto Draft del 1986

Spesso, anche sulla nostra pagina, si aprono lunghe discussioni sul quale è stato il miglior draft della storia NBA. Quello con più talento, con i giocatori che hanno segnato maggiormente la storia della lega. Si aprono spesso guerre cestistico religiose tra i pre 2000 e i post 2000, a seconda delle date di nascita e dell’idea di basket personale. In alternativa si pensa ai grandi flop, a coloro che, scelti ai primissimi numeri di un draft, non hanno poi avuto carriere importanti, o hanno totalmente fallito.

Anche nella mia vecchia rubrica “Le curiosità del passato” ne ho citato più di uno. Ma cosa dire di un draft in cui tragedie personali, morti, e carriere brillanti naufragate per infortuni o abusi, diventano un elenco quasi infinito? Il draft NBA del 1986 è stato esattamente questo. Anni 80, NBA, sostanze illecite e/o abusi di sostanze magari più lecite ma sempre pericolose.

Un miscuglio esplosivo, specie se, con l’istituzione del salary cap dalla stagione appena finita, praticamente tutti, addetti ai lavori e non, potevano sapere che tipo di contratti avrebbero firmato i ragazzi scelti, specie quelli in odore di essere le primissime scelte. Il draft si tenne la sera del 17 Giugno 1986 al Felt Forum di New York City, in pratica quello che adesso è The Hulu Theatre, il teatro all’interno del Madison Square Garden. All’epoca le squadre erano 24, ma le scelte totali erano 162, si arrivava fino al settimo giro. New York veniva invasa da giovani ragazzi carichi di speranze, che volevano entrare nella lega più bella del mondo.
Per molti di loro si iniziava a parlare, finalmente, di soldi veri, un cambio radicale nella loro vita. In molti venivano invitati dalle varie franchigie a New York già da Maggio, per sostenere i work out, per mettersi in mostra, e cercare di guadagnarsi un posto al sole.

Ragazzi giovani, magari già con qualche problema, lasciati liberi di girare per New York, essendo alcuni di loro facilmente identificabili da chi voleva guadagnarsi soldi facili portandoli sulla cattiva strada.

IL DRAFT

Chris Washburn, scelta #3, ricorderà in una sua drammatica intervista, che già lui arrivava con qualche problema legato all’abuso di alcol al college, unito al saltuario uso di marijuana, ma a Manhattan dal Maggio 1986 iniziò a conoscere la cocaina, arrivando ad esserne consumatore abituale ben prima del draft. E come lui tanti altri. La storia drammatica che tutti ricordano bene di quel draft, e a cui dedicherò prossimamente una puntata personale, è quella di Len Bias.

Bias venne scelto con la #2 dai Boston Celtics, ala piccola di 203 cm., indicato da tutti, per talento, attitudini e capacità tecniche, come il nuovo Michael Jordan, anzi forse qualcosa di più. Soprattutto i Celtics erano entusiasti della sua faccia da bravo ragazzo. Il talento di Maryland University non vedrà mai il parquet NBA. Muore il 19 Giugno, a 22 anni, dopo aver festeggiato per due giorni, in un party a base di cocaina a Riverdale, Maryland. Sempre Washburn racconterà che lui e Bias erano molto amici, pur essendo le loro università acerrime rivali nella Atlantic Coast Conference, e che nel pomeriggio del 17 Giugno si incontrarono a casa di Bias nel Maryland, per parlare del draft e del loro futuro. Futuro che non arrise nemmeno al centrone prodotto di North Carolina State.
La notizia della morte di Bias lo raggiunse mentre era anch’egli “impegnato” in una festa a base di cocaina in un appartamento del Bronx, in cui era stato invitato da “amici” conosciuti nel suo periodo newyorkese, tra cui tre giocatori NBA di cui non rivelerà mai il nome. Lui i parquet NBA riuscì a raggiungerli. Venne scelto dai Golden State Warriors, che troppo tardi si accorsero del suo problema. Durante un ricovero ospedaliero nel Gennaio 1987 per un’infezione renale dovuta ad un abuso di anti infiammatori per curare un problema al tendine di Achille, ammise l’uso di cocaina.
Venne sospeso, ma nel 1989, dopo essere stato trovato positivo per la terza volta, la NBA lo banna a vita dalla lega. Da li una vita da senza tetto, da notti nei cassonetti dei rifiuti, da dipendenza da cocaina e crack, con annessi arresti ed una condanna per droga. Ma per lui, fortunatamente, una redenzione, fatta di disintossicazione, di una famiglia, di un lavoro per gli altri, specie per i suoi ex colleghi non particolarmente fortunati.

Come la scelta #6 William Bedford, altro centrone di 213 cm., prodotto di Memphis State, scelto dai Phoenix Suns. Da tutti indicato come una futura stella, finirà anche lui bannato dalla lega per abuso di cocaina e alcol nel 1993, ed anche lui ammetterà di aver iniziato nel 1986, nel periodo pre draft. I suoi problemi di droga lo rincorreranno negli anni a seguire. Arrestato nel 1996 e nel 1997 per possesso di droga. Fermato in Michigan nel 2001 con 12 kg di marijuana nel baule della macchina,con conseguente condanna a 12 anni di reclusione. E oltretutto mentre era in attesa di sentenza, sempre in Michigan, venne arrestato altre due volte per possesso di droga. Ma anche per lui la redenzione, a nome Chris Washburn. E adesso un ruolo di assistant coach nel programma universitario di Memphis.

Passiamo alla #7, Roy Tarpley, scelto dai Dallas Mavericks. Due stagioni eccellenti, la seconda culminata con la vittoria del Sixth Man of the Year. Poi nel Novembre del 1989 l’arresto per guida sotto l’effetto di droga e alcol, con annessa resistenza all’arresto. Sospeso, viene ritrovato positivo alla cocaina nel Marzo del 1991, per cui viene fermato ancora dalla lega. Ma dopo tre mesi alla terza violazione sull’uso di alcol e droga e dopo il rifiuto a sottoporsi ad un programma di riabilitazione viene bannato dalla lega. Si ricostruisce una carriera in Europa, anche se pure in Grecia le voci delle sue scorribande alcoliche lo accompagnano. Viene riabilitato dalla lega, ed i Dallas Mavs lo riaccolgono nella stagione 1994/95, ma i suoi fantasmi si ripresentano e nel Dicembre 1995 viene definitivamente bannato.
Tarpley nel 2007 intenterà una causa alla NBA ed ai Mavericks per non aver riconosciuto il suo stato di disabilità dovuto alla dipendenza da alcol e droga, e di averlo bannato per quel motivo. Si arriverà ad un accordo extra giudiziale tra le parti con versamento di $5 milioni a Tarpley per chiudere la causa. Ma il suo extra basket sarà comunque caratterizzato dall’abuso di alcol, e nel Gennaio 2015 morirà di cirrosi epatica.

Con la #12 viene scelto John “Hot Plate” Williams, così soprannominato per non confonderlo con John “Hot Rod” Williams. Stagioni ai Bullets di buon livello, poi i problemi legati al peso, dai 110 Kg per 203 cm. dell’anno da rookie ai 140 con cui si presentò all’inizio della stagione 1990/91. La fama di mangiatore compulsivo, che spinse Bullets e Clippers a ricoverarlo in una clinica specializzata per il controllo delle abitudini alimentari, il taglio dai Pacers per aver superato i 150 kg. Le stagioni in Europa, la depressione, gli absui di farmaci anti depressivi, i problemi famigliari e l’arresto con condanna ad un anno di reclusione per non aver pagato gli alimenti di mantenimento del figlio.

Con la #13 Dwayne “Pearl” Washington. Talentuosa guardia, idolo dei playground di Brooklyn e di Syracuse University, scelto dai New Jersey Nets, carriera NBA durata poco, perché, dirà in un’intervista anni dopo, non pronto al livello fisico trovato nella lega, visto il suo gioco poco perimetrale e fatto di uno vs uno e continue penetrazioni. Poi problemi di concentrazione, sospetti di uso di sostanze illecite, mai dimostrato, fino alla morte nel 2016 a 52 anni per un tumore al cervello.

Con la #14, altro talento di New York, Walter Berry, l’originale “The Truth”. Ala grande mancina, movimenti in post immarcabili, ma testa calda come pochi. Nel suo anno da rookie a San Antonio una disputa con Alvin Robertson, altro personaggio inquietante, finisce con il prodotto di St. John’s University che armato di coltello tenta di aggredire il compagno di squadra. Per lui una breve carriera NBA, tagliato dai Nets perché triste (!?), diventerà una stella europea, in Italia ed in Grecia.

Con la #19 Billy Thompson, ala /guardia scelta dagli Atlanta Hawks e ceduto ai Los Angeles Lakers immediatamente. Due stagioni da panchinaro a L.A., con due titoli vinti, uno dei pochi a vincere in back to back il titolo NCAA e quello NBA, tre discrete stagioni a Miami, una partecipazione allo slam dunk contest, ed una onesta carriera europea. Più tardi la confessione di anni dediti all’uso di cocaina, alcol ed altre sostanze psicotrope, salvatosi grazie all’essere diventato pastore protestante.

Con la #20 Buck Johnson, ala piccola scelto dai Rockets. Discreta carriera NBA, da comprimario, fermato nel 1993 dopo essere stato trovto postivo ad un test sull’uso di cocaina. Ammetterà solo di averla assunta ad una festa una volta, ma la sua carriera andrà inesorabilmente a finire.

Con la #33 San Antonio sceglie Kevin Duckworth, che cede a Portland per Walter Berry. Duckworth avrà un splendida carriera NBA, vincendo il premio di Most Improved Player nel 1988, raggiungendo due Finals con i Blazers. Lontano da Portland avrà problemi di peso, creandogli dfficoltà cardiache sin dalla metà degli anni 90. E nell’agosto del 2008 il suo cuore cede definitivamente, stroncato da un’ipertrofia cardiaca.

Con la #64, Denver sceglie Don Redden, il capitano di LSU che ha giocato delle splendide Final Four NCAA. Non giocherà mai nella lega, tagliato nella Summer League sia dai Nuggets che l’anno dopo dagli Spurs. Cercherà di crearsi una carriera europea, ma l’8 Marzo 1988 viene colto da arresto cardiaco, causato da una cardiomiopatia idiopatica e muore.

Con la #68 Baskerville Holmes, scelto dai Milwaukee Bucks, prodotto di Memphis State, la stessa di William Bedford. Tagliato dai Bucks, la sua carriera cestistica si sviluppa tra Finlandia, Svezia e Spagna. E gli infiniti problemi di droga iniziati sin dagli anni al college. Nel marzo 1997, sotto l’influenza di droghe e farmaci contro la depressione, spara e uccide la sua fidanzata . Più tardi lo stesso giorno si suiciderà.

Con la #77 Grant Gondrezick, guardia scelta dai Phoenix Suns. Carriera da comprimario, con problemi legati all’abuso di droga e non solo. Condannato perché coinvolto con un ruolo minore nello spaccio di stupefacenti a tre anni di libertà vigilata nel 1987. Nel 1989 entra in una clinica di riabilitazione e con l’aiuto di John Lucas torna a giocare a basket a livello professionistico, nelle leghe minori ed in Europa. Ma nel 2009 sarà nuovamente condannato per truffa da un tribunale di Houston.

E pensiamo che in quel maledetto draft con la #60 i Blazers chiamarono Drazen Petrovic. Ce n’è abbastanza per capire perché per molti quello fu davvero un draft maledetto. Anche perché infortuni vari falcidiarono le carriere di altri giocatori, dalla prima scelta assoluta Brad Daugherty, a Kenny “Sky” Walker, fino ad Arvidas Sabonis.

Si ricordano meglio le seconde scelte, alla voce Dennis Rodman, che comunque quanto a vita al limite non è secondo a nessuno, vedi l'episodio fucile in macchina con l'idea di spararsi, Mark Price e Jeff Hornacek ad esempio. Arrivederci alla prossima puntata


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