Hard-Drive Team 2018/19: Washington Wizards
Non è mai facile credere di essere vicini ad ottenere quello che si vuole, non riuscirci, riprovarci, fallire ancora, ed allora cercare un approccio nuovo. Specie quando si pensa di avere tutte le armi per potercela fare, o che comunque manchi qualcosa di poco. Solo che i Washington Wizards fanno fatica a capire cosa sia quel poco, sempre se lo è davvero poco. Sulla carta si presentano anche alla partenza di questa regular season con una squadra piena di talento, con giocatori che per caratteristiche sembrano anche perfetti per giocare insieme, quasi tutti visto un nuovo arrivo, che, conoscendosi da anni, avrebbero le stimate per arrivare anche fino almeno alla finale di conference.
Poi, invece, tutto velocemente precipita in un baratro inspiegabile. Certo la scorsa stagione si è arrivati ai playoff, record vincente, 43-39, malgrado qualche infortunio di troppo, che comunque va sempre messo nel preventivo delle stagioni NBA, lunghe e pesanti. Poi però, quel salto di qualità che ci si aspetta da alcuni giocatori da metà aprile in avanti non arriva. Ed è arrivata un’altra eliminazione al primo turno. E da qui, inevitabilmente, si deve ripartire. Senza nemmeno troppi stravolgimenti.
Il G.M. Ernie Grunfeld continua a pensare di essere sulla strada giusta, con dei ragazzi che hanno tutti gli attributi per arrivare al successo. Per cui si è cercato di aggiungere qualcosa dove sembrava ci fosse bisogno, senza intaccare l’intelaiatura di questi Wizards. Per ora di azzerare e ripartire non se ne parla. E che per la squadra del Ditrict of Columbia se non siamo all’ultima chiamata poco ci manca.
E lo sa bene anche il confermatissimo coach Scott Brooks, che forse si aspettava qualche mossa più ardita sul mercato, ed invece ritrova praticamente tutti i suoi ragazzi. Certo per un coach con le sue caratteristche, allenare chi già conosce è decisamente un vantaggio. Anche se dovrà inserire nel contesto un giocatore che non è mai stato così facile ne da allenare, ne da fare in modo che riuscisse a capire l’utilità del giocare insieme, chiedere a Lakers, Rockets, Hawks e Hornets, così per dire. Poi il coach ex OKC sa anche di avere delle certezze tecniche a cui affidare leadership e controllo del gioco e dello spogliatoio. E questo è sempre un bene.
Quindi si riparte dal solito duo, the House of Cards, John Wall e Bradley Beal. Sul fatto che siano loro i leader tecnici e vocali della squadra nessun dubbio. Wall viene da una stagione caratterizzata da un infortunio da cui si è ripreso lentamente. E di questo ne ha risentito il suo gioco e non solo. Ma questo è un giocatore di livello altissimo, praticamente da doppia doppia per punti e assist a sera, e non ho dubbi sul suo rendimento nella prossima stagione. Beal ha dovuto ergersi a leader nel periodo infortunio del #2, lo ha fatto come tutti si aspettavano, dimostrando che gli attributi sono enormi. Nessun dubbio nemmeno sulla sua di stagione. Questi due insieme sono trascinanti come poche altre coppie nella lega. Ed anche Otto Porter Jr. è riuscito a dimostrare che le voci sul suo talento non erano sprecate. Stagione positiva, ha imparato a non fare solo il compitino, ad essere determinante in tanti fasi della partita. E può ancora crescere. Markieff Morris è un giocatore che piace molto al suo coach per quello che da ogni sera, riuscendo anche ad andare oltre ai suoi limiti. La lontananza dal fratello gli ha fatto bene.
Kelly Oubre Jr. deve solo riuscire a tenere a freno quel caratterino che gli fa sprecare energie nervose che potrebbero tornare utili in campo. Anche lui, comunque, è un giocatore su cui coach Brooks conta, e che sta lavorando tanto per migliorarsi. Tomas Satoransky la scorsa stagione non ha deluso quando ha avuto minuti anche nello starting five. In questa lega ci può giocare benissimo, per fisico e tecnica, adesso non dovrà spaventarsi dalla concorrenza che si ritroverà, e proseguire giocando per come sa. Da Ian Mahinmi si sa perfettamente cosa da ogni sera sul parquet. Comunque sempre un ragazzo che si fa apprezzare per dedizione ed impegno. E se volete un tiro da tre passate la palla a Jodie Meeks. Risolti i problemi fisici, resta un tiratore dalla mano caldissima. Dalla free agency è arrivato Jeff Green. Sembrava, ormai, aver dato già gli anni migliori alla lega. Invece la scorsa stagione in uscita dalla panchina Cavs è stato assolutamente all’altezza. Adesso avrà un ruolo ancora più importante in questi Wizards, ma lui ha testa e talento per riuscire a fare quello che gli sarà chiesto.
Al draft con la #15 è stato Troy Brown Jr., SF di buon fisico, da sgrezzare sicuramente in attacco, dovendo crearsi una pericolosità dal perimetro che per ora non ha. Via trade è arrivato Austin Rivers. Reduce dalla sua miglior stagione nella lega, giocata alla corte di papà, vola nella capitale, dove non è detto che riesca ad avere gli stessi minuti che ha avuto ad L.A., ma dovrà trovare la stessa voglia, potendo creare una batteria di piccoli di intensità notevole.
Due parole le spendiamo su Dwight Howard, alla sua ennesima reincarnazione. Che dire che su queste pagine noi della redazione, ed il sottoscritto in particolare, non abbiamo già detto. La speranza è che riesca finalmente a capire cosa ci si aspetta da lui a questo punto della carriera. Senza che cerchi di provocare implosioni nello spogliatoio, ed anche nella speranza che il suo fisico lo aiuti. Lui sicuramente è all’ultima chiamata di credibilità.
% Playoffs: 70%- Talento, fisico, coaching staff, tutto è dalla loro parte. I playoffs non dovrebbero essere un problema, pensando a costruire qualcosa che funzioni per la post season
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