Omaggio a Pau Gasol
La leggenda spagnola ha ufficialmente appeso le scarpe al chiodo dopo una carriera straordinaria.
La leggenda spagnola ha ufficialmente appeso le scarpe al chiodo dopo una carriera straordinaria.
Si è ritirato ufficialmente oggi Pau Gasol, e anche noi di Basketball-Evolution vogliamo omaggiare uno dei più grandi giocatori europei, e non solo, che abbiano calcato i parquet su entrambe le sponde dell’Oceano.
Dicasi: 20.894 punti, 11.305 rimbalzi, 3925 assist, 1941 stoppate in diciotto anni di fenomenale carriera NBA. A questo bisogna aggiungere due anelli. E se non bastasse questo a livello FIBA scriviamo tre leghe ACB, un campionato del mondo, tre campionati europei, due medaglie d’argento olimpiche, con la sua Spagna battuta solo da un Team USA con dentro Kobe Bryant, LeBron James, Carmelo Anthony, Jason Kidd, Chris Paul ed altri che evito di citare. Questa è solo una parte del palmares di Pau Gasol Saez, che si ritira ufficialmente oggi, e che dovrà essere ricordato come uno dei più forti giocatori che si sia mai visto allacciarsi le scarpe per giocare a basket.
Ha lasciato una chiara impronta ovunque abbia giocato, uno stile di gioco difficilmente imitabile, una serie di fondamentali spalle e fronte canestro, eseguiti con una regalità a tratti insopportabile, specie per chi li subiva.
La storia
La storia di Pau Gasol parte da lontanissimo, da Cornellà de Llobregat, cittadina/quartiere posto nella zona meridionale di Barcellona, dove il giovane Pau viene notato dagli osservatori del Barcellona. All’epoca, 1995, gioca playmaker, essendo alto 185 cm, e impressione per ball handling e capacità di passatore. Poi la crescita improvvisa, e l’approdo in una delle squadre più importanti d’Europa nel 1997, il Barcellona, appunto.
Nel 1999 diventa inaspettatamente il centro titolare della squadra, causa infortunio del titolare, nel ruolo dei catalani Rony Seikaly, sorprendendo tutti per le doti da leader in campo e fuori, oltre che per le incredibili capacità cestistiche. Nel 2000 inizia a suscitare l’attenzione delle franchigie NBA, all’epoca sempre poco propense a scegliere giocatori europei in alto nel draft. Ma Gasol riesce a vincere le diffidenze della lega, ed al draft del 2001 viene scelto con la #3 dagli Atlanta Hawks, prima di lui ricordiamolo tutti con la #1 Kwame Brown e con la #2 Tyson Chandler, e girato immediatamente ai Memphis Grizzlies.
Nessun altro giocatore non USA, era mai stato scelto con un numero così alto ad un draft NBA fino a Gasol.
E tutti, ovviamente, lo aspettano al varco alla stagione da rookie. Viene messa in giro la voce che sia un pochino soft, e questa voce lo accompagnerà per tutta la sua carriera, per cui in tanti cercano da subito di intimidirlo fisicamente. E come sempre ha fatto nella sua carriera Pau Gasol risponde sul campo. La sua stagione da rookie è oltre ogni aspettativa, gioca tutte le 82 partite di Regular Season, viaggia a medie incredibili per un europeo di 20 anni al primo anno in questa lega, 17.9 punti, 8.9 rimbalzi, 2.7 assist, 2.1 stop., tirando con il 52% dal campo, e vince il premio di Rookie Of The Year, primo giocatore nella storia di scuola non americana a vincere quel titolo.
Negli anni successivi contribuisce a mettere Memphis sulla cartina del basket NBA, portando i Grizzlies ai primi playoffs della loro storia. Viene chiamato all’ All Star Game del 2006, primo spagnolo a riuscirci, ed ogni anno sembra crescere tecnicamente e come leader. Nel 2006, inoltre, arriva il dominio cestistico ai mondiali FIBA in Giappone.
Gasol è assolutamente immarcabile per chiunque, porta la sua Spagna in finale giocando su un ginocchio malandato contro l’Argentina, squadra Campione Olimpica in carica, in semifinale. E proprio quell’infortunio gli impedirà di giocare la finale del torneo, che comunque la Spagna vince. Al termine viene nominato MVP della competizione. Quell’infortunio, peraltro, lo perseguiterà per gli anni a venire, togliendogli parte della rapidità di gambe e velocità laterale che lo rendevano unico nel suo genere per quel ruolo.
Ormai il catalano è salito al grado di stella cestistica anche nella NBA, ed il Tennessee inizia ad andargli un attimino stretto. Vorrebbe giocare per vincere l’anello, coronamento di una carriera unica, per quanto ancora giovane. E l’opportunità arriva da Los Angeles, sponda Lakers durante la stagione 2007/08. Alla ricerca di un giocatore che possa, giocando vicino a canestro, (ri)dare solidità a dei Lakers che stanno tornando a giocare per vincere, la scelta cade su Pau Gasol, desideroso di andarsene dai Grizzlies. La trade all’epoca fece molto discutere. Intanto per i giocatori coinvolti, citiamone tre a caso, Kwame Brown, Javaris Crittenton, attualmente nelle patrie galere ritenuto colpevole di omicidio e spaccio di sostanze stupefacenti, e Marc Gasol, il fratellino di Pau.
L’impatto di Gasol alla corte di coach Phil Jackson e di Kobe Bryant è devastante. I Lakers ritornano alle Finals, ma vengono battuti dai rivali di sempre, i Boston Celtics dei Big Three. In gara 6 i gialloviola vengono letteralmente spazzati via da Kevin Garnett, Paul Pierce e compagni, con The Big Ticket che annienta il catalano, definendolo, a Finals concluse, peggio che soft.
Giocando ai Lakers prestazioni come quella restano nella memoria di tutti, e dovranno passare due anni prima che la stampa los angelina si rimangi le feroci critiche rivoltegli. Non basterà nemmeno la vittoria del primo anello personale in maglia Lakers contro gli Orlando Magic del 2009, dove il #16 dominerà nel pitturato contro un Dwight Howard al meglio della sua carriera. Nel 2010 arriva l’occasione per la rivincita, per zittire tutti i critici. Critici presenti malgrado due stagioni chiuse in doppia doppia di media, lodato da tutti all’interno della franchigia californiana, compreso Kobe Bryant, che ha definito Gasol uno dei compagni più forti con cui abbia giocato.
Ed il rapporto tra i due è sempre stato di grande amicizia di profondo rispetto. Bryant ha sempre speso parole ottime per descrivere il catalano, sia come giocatore che come uomo. In gara 7 delle Finals 2010, Gasol si prende la sua rivincita. Nella vittoria che porta i Lakers al back to back, chiude con 19 punti, 18 rimbalzi, 4 assist e 2 stoppate, e delle giocate decisive, sui due lati del campo, senza minimamente arretrare di un passo davanti a Garnett e Rasheed Wallace. Ma la storia vincente del prodotto del Barcellona a livello NBA si ferma a quella notte di Giugno 2010.
Ai Lakers inizia una parabola discendente, almeno a livello di risultati di squadra. Personalmente il suo apporto è sempre costante, per quanto inizino i problemi fisici alle ginocchia. Iniziano anche i problemi con la dirigenza giallo viola, che ogni volta sembra sempre in procinto di scambiarlo e/o di non farlo sentire importante dentro la franchigia.
Ultimi anni
Gasol decide quindi firmare per i Chicago Bulls nella stagione 2014/15, giocandone due da protagonista. Malgrado i problemi fisici continui nel 2015 domina i campionati europei FIBA, riportando la Spagna sul tetto d’Europa. Poi due anni senza infamia e senza lode, e senza ginocchia, ai San Antonio Spurs, le ultime tre apparizioni su un parquet NBA in maglia Bucks, prima di finire la sua meravigliosa carriera dove tutto era iniziato, a Barcellona, arrivando alle finali di Eurolega e vincendo il titolo ACB.
Per chi come il sottoscritto lo ha visto giocare fin dagli albori della sua carriera, l’aggettivo che più lo identifica è regale. Nei movimenti, nell’atteggiarsi in campo, nel saper essere importante quando bisognava esserlo. Ha sempre dato l’idea di riuscire a fare tutto senza sforzarsi mai troppo, e forse questo è stato anche il suo maggior difetto.
Ma credo sia doveroso, alla fine di questa strepitosa carriera, metterlo tra i più grandi della storia della pallacanestro, per come ha reinventato un ruolo, per come, in alcuni meravigliosi momenti, ha spiegato il gioco in campo, a compagni e avversari.
Gracies per tot el que vas fer Pau Gasol
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