Bulls, una stagione tra ambizioni e rammarichi
Dopo l'eliminazione subita dai Cleveland Cavaliers nella semifinale della Eastern Conference, analizziamo la stagione dei Chicago Bulls.
Deludente, mediocre, priva di continuità. Pensando alla stagione 2014/15 dei Chicago Bulls non trovo parole diverse. Una stagione del vorrei ma non posso, oppure del potrei ma non ci riesco, che forse alla fine è quello che meglio spiega il tutto.
I Chicago Bulls erano la franchigia che secondo tantissimi addetti ai lavori sarebbe dovuta arrivare facilmente alle Finali di Conference, al minimo oltretutto, con buone possibilità per volare fino al gran ballo di Giugno. Se sono stati mandati a casa dai Cavs all'inizio di Maggio una buonissima percentuale di colpa è loro, senza togliere un grammo di merito a quanto fatto da LeBron James e compagni.
Ma la sconfitta dei Bulls parte da lontano, non certo dalle sei partite che li hanno condannati all'eliminazione.
Perchè Cavs vs Bulls doveva essere, anche seconda tantissimi addetti ai lavori, la finale della Eastern Conference. Solo che una regular season di alti, molto pochi, e bassi, troppi, li hanno portati ad ottenere un terzo inopinato posto ad Est, con le conseguenze sopra citate.
Ad Ottobre non sembravano esserci troppi rivali accreditati per quella che sembrava un'ovvia supremazia da parte dei Bulls sulla Conference. Forse solo i Cavs, peraltro un cantiere aperto, potevano dare qualche pensiero alla squadra di coach Tom Thibodeau. Ad un roster completo e abbastanza profondo erano stati aggiunti Pau Gasol, con la sua voglia di dimostrare di non essere sul viale del tramonto, Nikola Mirotic, rookie certo, ma con un esperienza di alto livello in Europa per cui sembrava essere discretamente pronto per la NBA, come è accaduto, ed Aaron Brooks, talentuoso ed alla ricerca di riscatto nella lega. Si sperava in un Derrick Rose sano, nella crescita, avvenuta come previsto, da parte di Jimmy Butler, e nel solito contributo di energia, difesa, leadership ed altro di Joakim Noah.
Ma non tutto ha girato così come si voleva in Illinois. Intanto la convivenza Gasol-Noah non è sembrata funzionare. Se da una parte Gasol non ha mai fatto della difesa la sua arma principale, e nei Bulls di Thibodeau la parola difesa ha sempre avuto un discreto valore, ma ha giocato una stagione come non si vedeva da anni e le statistiche in punti e rimbalzi sono li a dimostrarlo, dall'altra il figlio di Yannick è sembrato molto involuto in attacco, anche troppo, specie nella post season, in particolar modo contro i Cavs, e giocar in quattro in una metà campo non fa quasi mai rima con vittoria.
Poi certo gli infortuni hanno detto la loro. E se quello di Derrick Rose, anche quest'anno ha saltato le sue trenta partite, non era nemmeno quotato, altri hanno impedito a Chicago di trovare quella continuità di gioco necessaria per costruire una stagione vincente. Nel roster dei Bulls solo Mirotic e Brooks hanno giocato tutte e 82 partite. Ed al di là del citato Rose, da Butler a Noah, Da Taj Gibson a Dunleavy e Kirk Hinrich nessuno è riuscito ad avvicinarsi alle 70 partite giocate.
Ma gli infortuni non possono e non devono essere la scusante.
Coach Thibodeau quest'anno è sembrato non avere il controllo della situazione, ed infatti a metà stagione, dopo un periodo davvero difficile e negativo, da più parti si parlava di possibile licenziamento. E se poi i risultati hanno fatto si che non si arrivasse al cambio del coach, il gioco espresso dai Bulls è sempre sembrato molto lacunoso, con gerarchie non chiare in attacco e con l'idea che si dovesse sempre fare una scelta tra un quintetto prettamente offensivo ed uno più difensivo nei momenti fondamentali della partita.
Poi è arrivata la post season. Ed ai playoffs i Bulls si sono presentati al gran completo, presentandosi con un 3-0 contro dei non irrestistibili Bucks. Solo che li si sono iniziati a vedere i soliti problemi di questa travagliata stagione. Il consentire a Milwaukee di tornare sul 3-2 è stato molto più che un segnale di pericolo. Sono emersi i soliti problemi visti nella stagione regolare. Nessuna continuità nel gioco, molti troppi passaggi a vuoto per lunghi periodi, ed una panchina che non sempre ha dato l'apporto che avrebbe dovuto dare. Contro i Cavs solo gara 1 ha fatto vedere dei Bulls su ottimi livelli di gioco. Poi a parte la vittoria in gara 3 con la tripla di tabella di Rose, Chicago non è mai sembrata essere in controllo, forse troppo persa dietro alla guerra personale di Noah vs Lebron. E si sa che quando si cercano guerre personali è anche perché si hanno poche risposte tecniche da mettere in campo.
Nel momento decisivo proprio il trio Rose-Butler-Noah è sembrato, in un modo o nell'altro, far venire meno il loro decisivo apporto. E questo si paga. Ed anche la tanto decantata difesa dei Bulls non è sembrata così decisiva, vedi gara 4 ed il buzzer beater di James.
Adesso c'è un'estate da cui ripartire. Intanto bisognerà risolvere la questione coach, perché Tom Thibodeau difficilmente resterà in Illinois. Non ha portato in questi anni i risultati che ci si aspettavano da lui. Serve chiaramente aria fresca in panchina.
Poi indubbiamente si deve ripartire dal duo Derrick Rose/Jimmy Butler. Loro dovranno essere presente e futuro della franchigia. Sperando che Noah torni sui livelli di due stagioni orsono, senza cercare per forza nemici da abbattere, non serve a niente caro Joakim e fino ad ora non ha pagato molto, soprattutto come leader difensivo, senza dimenticarsi dell'attacco.
Vedremo cosa deciderà il management della franchigia e che Bulls vedremo ai blocchi di partenza della prossima stagione, con l'amaro in bocca per l'occasione, molto grossa, persa quest'anno di rinverdire i fasti Jordaniani.
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