Hard-Drive Team 2018/19: Minnesota Timberwolves
Dopo tredici stagioni, dodici delle quali chiuse con un record negativo, i Minnesota Timberwolves sono approdati ai playoffs, chiudendo 47-35. Quindi tutti felici ed entusiasti a Minneapolis…….ma anche no. No perché la squadra si è guadagnata l’accesso alla post season solo all’ultima partita di stagione regolare, no perché si era partiti con altre ambizioni, no perché più di una cosa, tecnica e non solo, non ha funzionato nel verso giusto, no perché i limiti visti in regular season sono drammaticamente esplosi al primo turno di playoff. Minnesota, nella scorsa stagione, è sembrata tante, troppe, volte una squadra in preda ad un mare in tempesta di natura da determinare. E questo potrebbe apparire abbastanza strano, per una squadra che ha come head coach Tom Thibodeau.
Però, se uno ci ripensa, anche nei migliori Chicago Bulls, le voci che qualcosa non venisse gestito bene dentro lo spogliatoio giravano vorticose, come degli uragani impazziti. Ma i rumors nella NBA restano rumors, per quanto possa no essere accreditati, fino a che non vengono prese decisioni.
E Scott Layden, il G.M. dei Wolves, ha riconfermato senza troppi problemi Thibodeau sulla panchina della franchigia, con il plauso della proprietà. Anche perché le doti dell’ex Bulls sono note, ed è un allenatore che ha qualità evidenti, che sa far cambiare, e tanto, il volto della squadra, anche più volte durante la partita. Poi, di contro, ci sono alcune decisioni sulle acquisizioni di Minnie non esattamente chiare, qualcuno, più o meno scherzando, ha chiesto se fosse possibile prendere Noah e Boozer per riformare i Bulls di qualche anno fa, visti gli ultimi arrivi. Ma lui ama circondarsi di giocatori che lo conoscono, e che, probabilmente, usa nello spogliatoio per “farsi riconoscere”. La nuova stagione deve essere per il coach e per tutta la franchigia quella del vero rilancio, della tranquillità, del mettere le basi per puntare a giocare quando farà più caldo.
Sperando che la grana Jimmy Butler si risolva al più presto. Il feeling tra lui, la franchigia, la città, i compagni ed anche il coach è andato a sud velocemente. C’è stata reciproca sopportazione, poi, come sempre quando i rapporti non funzionano, è bastato poco per far scoppiare il bubbone. Per ora tante voci, tante richieste, ma poco altro. Se dovesse restare bisognerà, in pratica, reinserirlo da capo nel roster. Sul fatto che sia un giocatore di talento poco da dire, forse dovrà fare qualche passo indietro se, alla fine, dovesse restare in Minnesota. Un altro giocatore su cui saranno puntati gli occhi di tutti è sicuramente Karl-Anthony Towns. Doppia doppia a sera assicurata, talento offensivo abbacinante, piedi da danzatore, mano da guardia. Però è drammaticamente in aumento la discontinuità a voler mantenere la testa sulla partita per tanto tempo. E questo lo paghi. Serve un Towns leader, feroce in campo sempre, anche a lui servirebbe questo atteggiamento, per crescere e diventare uno dei futuri dominatori della prossima NBA. Altro enigma presente in questa squadra è Andrew Wiggins. Si potrebbe fare copia e incolla con quanto scritto su Towns, a parte il dominatore. Da sempre l’idea che manchi la voglia, a migliorarsi, a fare un cosa con fatica in campo. Ed è un peccato, visto il giocatore che è quando tutti i suoi pianeti sono allineati.
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Jeff Teague ha raggiunto un suo standard di rendimento che difficilmente fa scendere di livello. Diciamo che, ahilui, fa anche fatica ad alzarlo quando serve. Ed ultimamente da l’idea di essersi troppo innamorato della palla. Taj Gibson è uno dei, tanti, pretoriani ex Chicago del coach nativo del Connecticut. Affidabile a rimbalzo, tiratore dalla media, difensore, uno che il suo apporto non lo fa mai mancare. C’è molta curiosità intorno agli altri due ex membri dei Bulls, Derrick Rose e Luol Deng. Rose nel ruolo di back up potrebbe trovare nuovi stimoli, nuova enfasi e riprendersi una parte del suo gioco, fisico permettendo. Deng viene da due stagioni di riposo assoluto in terra californiana. Chissà che il freddo del Minnesota non lo risvegli, potrebbe essere importante in uscita dalla panchina. Anche da Tyus Jones ci si aspetta un salto di qualità. E’ arrivato nella lega con aspettative più elevate della riserva che gioca pochi minuti ed incide una partita ogni dieci. Anthony Tolliver è alla sua seimilionesima squadra NBA. Giocatore di ruolo se ce n’è uno, tiratore e poco altro, comunque l’impegno lui lo mette sempre. Dal draft con la #20 è arrivato Josh Okogie, guardia tiratrice e dotata di buon fisico, chissà che non riesca a trovare subito spazio nelle rotazioni di Thibodeau, uno non esattamente incline a far giocare i rookie, a meno che non abbiano grossi attributi. Keita Bates Diop è stato scelto con la #48, SF dotato di gran fisico, ha doti che se dovessero confermarsi anche al piano superiore lo porterebbero davvero lontano. Siamo curiosi di vedere James Nunnaly, apprezzato in Italia ed in Europa, che torna al di là dell’oceano per cercare di ritagliarsi minuti di concretezza. E potrebbe anche riuscirci. Due parole le spendiamo su Gorgui Dieng. Eterna promessa, la stagione scorsa è stata decisamente la sua peggiore nella lega da quando c’è entrato. Un giocatore del suo calibro serve, e tanto, e sui due lati del campo. Deve cercare di adattarsi a quello che gli viene chiesto dal coach, per poter tornare a rendere. Altrimenti diventa contro producente. % Playoffs: 55%- Molto ruota intorno all’equivoco butleriano. Anche senza di lui, però, sono una squadra che può lottare, con successo, per un posto alla post season
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